Il ruolo della mediazione nella composizione della crisi di impresa 

Avv. Edith Peruzzi Amarugi

 

 

Con la L. 21 ottobre 2021, n. 147, entrata in vigore a partire dal 15 novembre 2021, è stato introdotto nel nostro ordinamento l’istituto della “Composizione negoziata per la soluzione della crisi di impresa”. Tale istituto prevede sostanzialmente che l’imprenditore titolare di un’impresa che finisca per trovarsi in una condizione di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario, tale da rendere probabile il verificarsi di una vera e propria “crisi”, potrà cercare di raggiungere un accordo con i suoi creditori mediante l’assistenza di un esperto individuato dalla Camera di Commercio competente. Nel caso in cui la procedura conciliativa non dovesse giungere a buon fine, tuttavia, l’imprenditore avrà il diritto di richiedere un concordato per cessione dei beni omologabile dal Tribunale, anche senza il voto favorevole dei propri creditori o della maggioranza di essi.

La nuova disciplina della composizione negoziata apre, inevitabilmente, diversi interrogativi e, fra questi, è d’uopo interrogarsi in particolare sul ruolo della mediazione e su come questa si inserisca all’interno della procedura di composizione della crisi d’impresa. In pratica occorre chiedersi: quali i doveri del mediatore/esperto e quali (anche) i poteri?

In primo luogo, l’art. 2, d.l. 118/2021 stabilisce che l’esperto incaricato della procedura debba “agevolare le trattative tra l’imprenditore, i creditori ed eventuali altri soggetti interessati, al fine di individuare una soluzione per il superamento delle condizioni di cui al comma 1 (ovverosia le condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario che rendono probabile la crisi dell’impresa o l’insolvenza), anche mediante il trasferimento dell’azienda o di rami di essa”.

 

Requisito fondamentale dell’esperto mediatore nella composizione della crisi d’impresa è la sua neutralità ed indipendenza, in modo da garantire che l’opera prestata in mediazione rivesta le caratteristiche proprie dell’attività di mediatore “classica” in ambito civile e commerciale: deve cioè trattarsi di un soggetto professionale, riservato, imparziale e indipendente ex artt. 3, 9, 10, d.lgs. 28/2010.

 

Infatti, l’esperto non deve trovarsi in una delle condizioni di incompatibilità previste dall’art. 2399 cod. civ. e non deve essere legato all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale. Inoltre, sia il professionista, sia i soggetti con i quali sia eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore dell’imprenditore e non devono essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell’impresa, né aver posseduto partecipazioni in essa. Ancora, l’art. 4, co. 2, d.l. 118/2021 ribadisce che chi ha svolto l’incarico di esperto non può intrattenere rapporti professionali con l’imprenditore se non sono decorsi almeno due anni dall’archiviazione della composizione negoziata.

 

Proprio al fine di assicurare la riservatezza e l’imparzialità dell’esperto, è previsto che lo stesso non possa essere tenuto a deporre sul contenuto delle dichiarazioni rese e delle informazioni acquisite nell’esercizio delle sue funzioni, né davanti all’autorità giudiziaria, né davanti ad altra autorità. A tali situazioni dovranno quindi applicarsi le disposizioni dell’art. 200 c.p.p. relativamente al segreto professionale e le garanzie previste per il difensore dalle disposizioni dell’art. 103 c.p.p., in quanto compatibili.

 

Per quanto concerne le facoltà ed i poteri dell’incaricato alla composizione della crisi d’impresa, l’art. 4, co. 4, d.l. 118/2021 riconosce a chi ricopre tale incarico di poter chiedere all’imprenditore e ai creditori tutte le informazioni utili o necessarie, nonché di potersi avvalere di soggetti dotati di specifica competenza, anche nel settore economico in cui opera l’imprenditore, e di un revisore legale, che non siano però non legati all’impresa o ad altre parti interessate all’operazione di risanamento da rapporti di natura personale o professionale.

 

Dall’impianto normativo così brevemente delineato risulta chiara l’intenzione del legislatore nel voler attribuire all’esperto il ruolo di mediatore professionista, che sia in grado di proporre alle parti soluzioni di mutuo vantaggio, attraverso una modalità di cooperazione che mira essenzialmente alla composizione del conflitto ovvero della crisi in atto fra imprenditore e creditori, mediante la prospettazione di soluzioni “creative” cui il mediatore può giungere anche grazie all’apporto di altri e diversi professionisti.